TAPPA 5
LA FILANDA
a cura di Matteo Pieropan
IL QUARTIERE FILANDA E LA VALLOSCURA
Il quartiere prende il nome dalla filanda sorta in loco agli inizi del ‘900 grazie all’impegno dell’allora parroco don Antonio Baldi, per evitare che le donne del paese dovessero andare a lavorare nelle filande di Arzignano, compiendo ogni giorno dieci chilometri tra andata e ritorno. Al centro del rione, quindi, sorse la Filanda. Negli anni ’60 divenne poi conceria, attiva fino ai primi anni Duemila. Al centro del crocevia, si trova un’installazione marmorea di recente realizzazione (design Raffaello Galiotto) che ricorda l’antica ciminiera della Filanda.
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(1) La vecchia Filanda sociale, sorta nel 1910. (2) La recente opera che evoca e riassume “la filanda”
Via Valloscura è la strada che dalla Filanda sale verso le colline. E’ tra le vie più antiche del paese, con edifici di interesse storico dal punto di vista architettonico-urbanistico. Lungo il suo asse corre l’omonima valle, narrata nei versi di Zanella.
In via Valloscura trovano i natali anche due personaggi illustri di Chiampo: l’inventore Giuseppe Pino, inventore geniale, e il giornalista Silvio Negro (1897-1953).
Proseguendo verso il centro paese si incontrano le chiese di San Lorenzo o Madonna delle Grazie (XIV sec), e Sant’Antonio Abate (XV sec).
Di interesse religioso è la processione legata alla chiesa della “Madonna delle Grazie”, già “S. Lorenzo”. Il voto risale al 1944, quando nella vallata imperversava la furia delle violenze nazi-fasciste. Il parroco don Pietro De Marchi volle legare la Comunità ad una messa e processione da rinnovarsi ogni anno, se fosse stata risparmiata la popolazione. Da allora, la terza domenica di ottobre, si ripete il voto con la statua della Madonna portata lungo le vie e la presenza delle associazioni d’arma e combattentistiche.
Un momento della processione votiva, la terza domenica di ottobre.
AD UN RUSCELLO – 1850
E’ uno dei sonetti prodromici dell’Astichello, la raccolta di sonetti che il poeta scriverà nel l’ultima fase della vita, a Cavazzale, tra il 1878 e il 1888.
Giacomo Zanella descrive un ruscello ben preciso, quello della Valloscura nel quartiere Filanda. La valletta scende dalle colline del Chiampo, tra i massi della cava Cengelle, corre lungo la Grolla, via Valloscura e confluisce infine nel Chiampo. Commovente l’attaccamento alla propria terra che trasuda l’inizio dell’ultimo verso: “Dal patrio colle”.
E’ evidente il richiamo nostalgico dell’età della fanciullezza. Un’età felice, trascorsa tra giochi ed affetti, come molti altri versi testimoniano. Lo Zanella qui parla dell “april de’ miei verdi anni / Degli anni miei più belli”.
Ma come altrove, la nostalgia reca malinconia nel cuore del poeta. Quegli anni felici sono fuggiti via sulle ali del tempo, non torneranno più. Sono corsi via, così come scorre velocemente (ratto dilegui) verso il basso, l’acqua cristallina della Valloscura.
Fresco ruscel, che dal muscoso sasso
Precipiti tra i fiori e la verzura,
e mormorando tristemente al basso
Ratto dilegui per la valle oscura,
Rammenti ancor, quando assetato e lasso
Del vagar lungo e dell’estiva arsura
Io giovinetto ratteneva il passo
Tacito a contemplar l’onda tua pura?
Era quello l’april de’ miei verdi anni,
Degli anni miei più belli, che fuggiro,
Su veloci del tempo invidi vanni,
Al modo stesso, che le dolci e chiare
Tue linfe, amabil rio, di giro in giro
Dal patrio colle van fuggendo al mare.