a cura di Matteo Pieropan
I MARMI DEL CHIAMPO
Il marmo di Chiampo ha goduto di particolare fama nel mondo, per la sua caratteristica presenza di centinaia di piccoli fossili al suo interno.
Iscrizioni romane sono state trovate su marmo del Chiampo. Un tempo numerose cave locali fornivano blocchi litici di diversi tipi, lavorati poi nei laboratori del paese. Tra le varietà del marmo di Chiampo, figurano il rossiccio, il Bianco, il Rosa, il Chiampo Perla, il Mandorlato, il Macchiato, l’Onice giallo, l’Onice rosso, il Porfirico.
Nel 1906 nascerà a Chiampo l’Industria Marmi vicentini, oggi Margraf, motore propulsore per l’economia di Vallata.
una cava del Chiampo, inizi ‘900
lavoratori in un laboratorio locale
Una curiosità: le due colonne in piazza dei Signori a Vicenza, davanti alla basilica palladiana, quella del leone alato 1464 e quella del redentore 1640, sono di marmo Chiampo, provengono dalla cava Lovara ricavate da monoblocco e trasportate fino al capoluogo berico.
In marmo Chiampo è anche il basamento del monumento a Giacomo Zanella in piazzale San Lorenzo, davanti all’omonimo tempio, a Vicenza, dove riposano le spoglie del poeta.
Dal 1904 a Chiampo nacque la Scuola Popolare di Disegno, poi Scuola d’Arte e Mestieri, con i corsi di lavorazione del marmo e disegno tecnico. Diretta per 48 anni, fino alla morte, dal maestro Giovanni Fontana (1893- 1968), divenuto un punto di riferimento nella storia della comunità. All’educatore è oggi dedicata la Scuola di Formazione Professionale, curatrice delle tavole in marmo dell’itinerario zanelliano.
Allievi della Scuola Popolare di Disegno, anni’20.
IL MUSEO E I FOSSILI
Un primo museo francescano nacque nel 1957, all’interno dell’edificio del Collegio. In seguito, con l’aumentare delle collezioni e dei materiali esposti, venne realizzato l’attuale edificio, situato dietro la Grotta di Lourdes. Venne inaugurato il 20 agosto 1972.
Il museo contiene ben 11 sezioni: strumenti musicali, mineralogia, zoologia, geologia applicata, erbario fotografico, gipsoteca, conchiliologia, paleontologia, paletnologia, etnologia e arti figurative.
Tra le varie sezioni, interessante la gipsoteca con statue e bozzetti del Beato Claudio Granzotto.
La sala dedicata alla Paletnologia raccoglie reperti e strumenti dell’antica Valchiampo dal Paleolitico inferiore all’età romana. La prima grande vetrina ospita materiali riferibili al Paleolitico inferiore (500.000-120.000 anni fa) e medio (120.000-40.000 anni fa).
Lungo le scalinate interne d’accesso al piano superiore dell’edificio, è interessante anche la collezione di lastre di 74 tipi di marmo Chiampo, dai più antichi (200 milioni di anni fa) ai più recenti (45 milioni di anni fa).
La grande mole di materiale fu raccolta da Padre Aurelio Menin tra gli anni '50 e '70.
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Parte di una sala del museo dedicata ai fossili. A destra, l’ode dello Zanella scolpita nel marmo Chiampo nei musei.
“SOPRA UNA CONCHIGLIA FOSSILE NEL MIO STUDIO” - 1864
Giacomo Zanella è ispirato da una conchiglia raccolta sui colli della Valchiampo.
La conchiglia è testimone delle ere geologiche antiche, quando l’uomo ancora non esisteva. Ora, giunto per ultimo, il genere umano cammina sul suolo antico, sui fossili, volendo dominare la Terra.
La poesia venne scritta per l’amico, suo ex allievo, Luigi Luzzatti (1841-1927), economista, Senatore, e Presidente del consiglio, in occasione delle sue nozze.
Una curiosità: in segno di grande ammirazione e di stima, l’ode fu imparata a memoria dallo stesso Alessandro Manzoni.
Sul chiuso quaderno
Di vati famosi,
Dal musco materno
Lontana riposi,
Riposi marmorea,
Dell’onde già figlia,
Ritorta conchiglia.
Occulta nel fondo
D’un antro marino
Del giovane mondo
Vedesti il mattino;
Vagavi co’ nautili,
Co’ murici a schiera;
E l’uomo non era.
Per quanta vicenda
Di lente stagioni
Arcana leggenda
D’immani tenzoni
Impresse volubile
Sul niveo tuo dorso
De’ secoli il corso!
Noi siamo di ieri:
Dell’Indo pur ora
Sui taciti imperi
Splendeva l’aurora:
Pur ora del Tevere
A’ lidi tendea
La vela di Enea.
È fresca la polve
Che il fasto caduto
De’ Cesari involve.
Si crede canuto
Appena all’Artefice
Uscito di mano
Il genere umano!
Tu, prima che desta
All’aure feconde
Italia la testa
Levasse dall’onde,
Tu, suora de’ polipi,
De’ rosei coralli
Pascevi le valli.
Riflesso nel seno
De’ ceruli piani
Ardeva il baleno
Di cento vulcani:
Le dighe squarciavano
Di pelaghi ignoti
Rubesti tremoti.
Nell’imo de’ laghi
Le palme sepolte;
Nel sasso de’ draghi
Le spire rinvolte,
E l’orme ne parlano
De’ profughi cigni
Sugli ardui macigni.
Pur baldo di speme
L’uom, ultimo giunto,
Le ceneri preme
D’un mondo defunto:
Incalza di secoli
Non anco maturi
I fulgidi auguri.
Sui tumuli il piede,
Né cieli lo sguardo,
All’ombra procede
Di santo stendardo:
Per golfi reconditi,
Per vergini lande
Ardente si spande.
T’avanza, t’avanza,
Divino straniero;
Conosci la stanza
Che i fati ti diero:
Se schiavi, se lagrime
Ancora rinserra,
È giovin la terra.
Eccelsa, segreta
Nel buio degli anni
Dio pose la meta
De’ nobili affanni.
Con brando e con fiaccola
Sull’erta fatale,
Ascendi, mortale!
Poi quando disceso
Sui mari redenti
Lo Spirito atteso
Ripurghi le genti,
E splenda de’ liberi
Un solo vessillo
Sul mondo tranquillo,
Compiute le sorti,
Allora de’ cieli
Ne’ lucidi porti
Le terra si celi:
Attenda sull’áncora
Il cenno divino
Per novo cammino.